Ph. Mario Pedron per Glance

Le mille sfumature delle Dolomiti, Patrimonio Unesco dal 2009, con la leggenda del re Laurino a “spiegare” le origini dell’enrosadira

Tra le mete più gettonate dai turisti di tutto il mondo, il fascino delle Dolomiti è legato anche ad una particolarità: all’alba e al tramonto infatti la dolomia si tinge di rosa, con sfumature cangianti che si susseguono durante la giornata. Un fenomeno naturale che prende il nome di “enorosadira” e si lega ad una leggenda unica.

Ph. Mario Pedron per Glance

La dolomia si tinge di rosa

La dolomia di cui le Dolomiti sono composte è una roccia di carbonato di calcio e magnesio tendenzialmente bianca, che tuttavia in alcune ore del giorno cambia sfumatura, dall’arancio al rosso, dal giallo al violetto fino ad assumere una suggestiva tonalità di rosa che dona il nome a questo incredibile arcobaleno di colori caldi. Il motivo è la dolomia stessa, che produce queste sfumature magnifiche quando il sole si rifrange sulla roccia. A seconda delle condizioni meteo e della posizione del sole i colori saranno diversi, ma in ogni caso il panorama sarà memorabile da qualsiasi punto lo si ammiri. “Enrosadira” è il nome altrettanto suggestivo dato a questo fenomeno, un termine ladino che significa “diventare rosa”, indubbiamente perfetto per rendere a parole lo spettacolo catturato dallo sguardo.

La leggenda del re Laurino

All’enrosadira è difficile abituarsi, ogni volta è diversa e ogni volta costringe a fermarsi e ad ammirare le cime imponenti e maestose che, dall’alto dei loro 3 mila metri di altezza, osservano e rassicurano ogni forma di vita al di sotto di esse. Sembra incredibile, eppure una volta erano una mega-barriera corallina sorta nel mare primordiale!
Una leggenda spiega in maniera meno scientifica e più poetica il fenomeno dell’enrosadira.

Tanti anni fa sulla catena montuosa del Catinaccio viveva re Laurino, scaltro re dei nani che possedeva una cintura magica capace di renderlo invisibile. Un giorno il re dell’Adige tenne una grande festa a cui invitò tutti i nobili tranne re Laurino, che partecipò ugualmente grazie alla sua cintura. Era presente anche Similde, bellissima figlia del re, di cui si innamorò al primo sguardo. Sfruttando la sua invisibilità la rapì e la portò nel suo regno sul Catinaccio, poi con un incantesimo ricoprì per lei la montagna di rose rosse. Al sopraggiungere dell’esercito del re dell’Adige, re Laurino non riuscì a contare sulla sua invisibilità: appena calpestava una rosa di quell’incantevole giardino lasciava un’impronta. Dovette arrendersi e riconsegnare Similde, lanciando però una maledizione al suo giardino di rose: “Né di giorno, né di notte alcun occhio umano potrà più ammirarti”. E così fu. Ma alba e tramonto non sono né giorno né notte, ecco perché ancora oggi in queste ore possiamo ammirare il giardino di rose rosse che colora le cime delle Dolomiti.

Ph. Mario Pedron per Glance

Dove ammirare l’enrosadira

Sono tanti i luoghi da cui l’enrosadira può essere ammirata al massimo del suo splendore.
Al tramonto vi consigliamo di allungare lo sguardo verso il Sassolungo sull’Alpe di Siusi o sul Sass Pordoi da Campitello di Fassa, o verso le Pale di San Martino avvistabili da San Martino di Castrozza, immersi nel Parco Naturale Paneveggio-Pale San Martino. Meravigliose al tramonto anche le Tre Cime di Lavaredo, mentre da Vigo di Fassa potete scorgere, tinta di rosa, la Marmolada.

sciatore sulle Dolomiti

I mesi di febbraio e marzo sono i migliori per dedicarsi al Sellaronda, lo lo skitour più famoso non solo delle Dolomiti ma delle Alpi

Siamo sulle Dolomiti, tra i picchi più belli al mondo, con una vista su boschi inconfondibili e discese adrenaliniche. Il percorso del Sellaronda è di media difficoltà e ha una lunghezza di circa 40 km, dei quali circa 26 km sci ai piedi. Richiede all’incirca 6 ore di tempo, permette di toccare 4 passi senza mai togliere gli sci – Passo Pordoi, Sella, Gardena e Campolongo – e attraversa 4 valli ladine Val di Fassa in Trentino, Val Gardena e Val Badia in Alto Adige, Arabba in Veneto – con piste che circondano il massiccio del Sella. Si può scegliere il senso di marcia, orario o antiorario, iniziando da una delle valli… e magari tornare per percorrere il tragitto in senso inverso la volta seguente!

sellaronda skimarathon partenza

Sellaronda Skimarathon

Segnaliamo un appuntamento immancabile che nel 2023 si svolge il 31 marzo a partire dalle 18: Sellareonda Skimarathon. Si tratta della competizione di sci alpinismo in notturna giunta alla sua 26esima edizione che si snoda lungo il Dolomiti Superski. I concorrenti si sfidano in coppia, muniti di pelli di foca e frontalini per illuminare il tracciato, percorrendo i 42 km previsti e affondando il dislivello totale di 2.700 metri. Il record da battere è di 2:56’59”. Quest’anno si parte da Arabba. Ricordiamo infine che Sellaronda Skimarathon è prova della Coppa delle Dolomiti.

Fonti foto e info: visittrentino.info, sellaronda.it

panorama sul lago di Resia con il campanile di Curon

Il Lago di Resia non ha bisogno di presentazioni, meta di turisti attirati dal campanile sommerso ma anche di tanti sportivi

Il simbolo del Lago di Resia è sicuramente il campanile romanico sommerso per metà, che infonde fascino e rende, a tratti, questo luogo inquietante e misterioso. Non a caso Curon Venosta è stato scelto come location di una serie targata Netflix, “Curon”, che ha incuriosito molti fan e li ha spinti a recarsi in visita in Alto Adige.

Il lago di Resia… oltre al suo campanile

Se il campanile è una calamita assoluta per lo sguardo, va precisato che questa zona è ricca di meraviglie naturalistiche e attira visitatori in ogni stagione. In estate è frequente imbattersi nei tanti ciclisti che percorrono la Via Claudia Augusta verso Merano, percorso attutissimo e celebre in tutta Europa. In inverno Belpiano e Malga S. Valentino sono ideali per chi ama sciare e lo stesso lago di Resia ghiacciato è una meta ideale e affascinante per chi pratica surf su ghiaccio e snow kiting.

Curon, tra storia e leggenda

il campanile sommerso di Curon

Dopo la Seconda Guerra Mondiale fu portata a termine la costruzione di una diga utile alla produzione di energia idroelettrica attraverso la creazione del lago artificiale di Resia, il più grande di tutta la provincia di Bolzano con 120 mln di metri cubi di acqua di capacità. La conseguenza fu l’evacuazione forzata degli abitanti del vecchio centro di Curon, costretti a trasferirsi nell’attuale Curon Venosta. Anche il campanile, che apparteneva ad una chiesetta medievale del 1357, subì la medesima sorte dell’intero paese, finito sott’acqua perché si completasse l’intervento idrogeologico. 

Storia e leggende in un luogo tanto suggestivo non possono che sovrapporsi. La più nota è quella secondo cui le campane dell’antico campanile sommerso continuerebbero a far risuonare i loro rintocchi nonostante non siano più al loro posto. Il loro suono sarebbe udibile in particolare nelle giornate più ventose e d’inverno, quando il lago ghiaccia e permette di arrivare a piedi fino al campanile. Una storia triste che lascia in eredità la bellezza un panorama mozzafiato tinto di malinconia. Nonostante le proteste il paese fu infatti sacrificato e pare che molti anziani siano morti per il dolore dopo averlo visto scomparire lentamente sotto l’acqua. Oggi gli abitanti di Curon convivono con questo ricordo e tentano di riconciliarsi con la poesia di quelle acque che celano la tragedia ancora viva nei racconti di famiglia.

Curon Venosta oggi

Oggi il comune di Curon Venosta è un piccolo centro di poco più di 2.000 abitanti al confine con Austria e Svizzera, tappa interessante considerando che la ciclabile dell’Adige consente piacevoli escursioni in bicicletta lungo la già citata via Claudia Augusta e che dal lago di Resia si arriva fino a Merano. Se il lago d’estate non è l’ideale per il turismo balneare lo è comunque a livello sportivo. Del vecchio paese restano soltanto i racconti degli anziani, mentre la nuova Curon è oggi un centro turistico che a quel vecchio campanile deve comunque gran parte del suo appeal.

trincea con prato verde

Sulle tracce di pastori, migranti e soldati tra antiche scritte e trincee

Lontano dai sentieri più noti e dalle più celebri piste da sci, il Trentino si racconta anche in luoghi insoliti e meno battuti dal turismo di massa. Non è inusuale rintracciare testimonianze incise sulla roccia e opere murarie che si fanno portavoce di storie lontane. Segnaliamo 3 tappe interessanti in cui le tracce sono visibili ed eloquenti e ci rimandano alla vita di 3 figure simbolo del territorio in epoche diverse: pastori, migranti e soldati.

Le scritte rupestri dei pastori

Foto: N. Delvai, APT Val di Fiemme, via visittrentino.info

In Val di Fiemme troviamo un esempio di scritte rupestri realizzate dai pastori che nelle zone attorno ai paesi portavano pecore e capre al pascolo su versanti impervi, ad esempio su quelli del Monte Cornon e delle Pizzancae. Le scritte più antiche risalgono alla seconda metà del Seicento e vanno avanti fino al secolo scorso. Si tratta di scritte ovviamente fatte a mano, spesso con ramoscelli usati come pennelli la cui punta veniva resa morbida tramite la masticazione o veniva battuta con un sasso. Il colore è quello dell’ocra rossa, che veniva mischiata a latte animale o saliva. Il messaggio lasciato era molto semplice, solitamente le iniziali del pastore e il numero di capi portati al pascolo.

Sass de le Parole

sass de la parole
Foto: Federico Monegatti, via visittrentino.info

Una grande pietra apparentemente come tante altre, che reca una serie di scritte. La particolarità del Sass de le Parole è che è porta traccia dei nomi incisi dai migranti in partenza che in questo gesto simbolico riponevano la speranza di tornare a casa. Siamo sull’Altopiano di Piné, tra Bedollo e Brusago. La zona merita almeno una passeggiata, il panorama è bellissimo anche grazie alla presenza della Cròs del Cùc, sempre illuminata, che svetta dall’alto.

Trincee Nagià Grom

tincee del nagià grom
Foto: visittrentino.info

Sono moltissime le zone del Trentino in cui è possibile ripercorrere le gesta dei soldati e sostare in memoria dei caduti durante la Prima Guerra Mondiale. Sul Monte Nagià Grom le vecchie trincee sono la location ideale per immergersi nella vita di chi tentava di sopravvivere all’orrore della guerra e fare ritorno a casa. Momenti duri, quelli in prima linea, che questo luogo permette di comprendere grazie alle tracce ancora presenti, tra cui la cisterna da campo e… il panorama, che oggi delizia lo sguardo ma un tempo era prezioso per i soldati impegnati nell’osservatorio di artiglieria. La visita è possibile grazie al Gruppo Alpini di Mori che si adopera per rendere agibile il percorso. 

Una delle più affascinanti terre del Trentino. Un patrimonio linguistico e culturale unico: i ladini di Fassa

Velluto, pizzo, seta. È con gli abiti migliori che a settembre a Canazei, i ladini della Val di Fassa accolgono gli ospiti alla Gran Festa da d’Istà. La manifestazione celebra la fine dell’estate ed è un vero happening per i ladini che popolano le vallate attorno al massiccio del Sella. Musica folk, piatti tipici… e poi la sfilata della domenica con i “guanc” (vestiti tradizionali) per le vie del paese.

La Val di Fassa si sviluppa per venti chilometri nel cuore delle Dolomiti ed è un concentrato di meraviglie naturali. Da Moena a Canazei si sussegue un tripudio di vette che lascia senza fiato: Catinaccio, Sassolungo, Sella e Marmolada sono solo alcune delle sue cime più famose. Una terra  d’incanto in tutte le stagioni.