Un “passito dei passiti” del Nord presidio Slow Food. E un evento simbolo della tradizione, DiVInNosiola, per celebrarne la tradizione e i riti

Chi desidera approfondire attraverso il gusto la cultura enogastronomica trentina non può non imbattersi nel vino santo. Si ricava dal Nosiola, vitigno autoctono che rappresenta l’1,5% della produzione di uva trentina e merita ormai persino un evento dedicato, DiVinNosiola, che ormai non ha bisogno di presentazioni e quest’anno va in scena dal 31 marzo al 10 aprile. Si tratta di un passito entrato a far parte dei presidi Slow Food e ribattezzato “passito dei passiti” per le tempistiche del suo caratteristico appassimento naturale.

grappolo di nosiola

Il “passito dei passiti”

Siamo nella Valle dei Laghi, la stessa valle in cui si scopre tra gli altri la presenza di ulivi e susine, a conferma della sua unicità climatica. Il vino santo nasce dal Nosiola, un vitigno autoctono coltivato in un fazzoletto di terra di circa 110 ettari. Tutto deriva cioè da una piccolissima parte della produzione di uva trentina, circa l’1,5%, una caratteristica che rende il prodotto finale ancora più ambito e apprezzato.
A ottobre si raccolgono i grappoli spargoli da vigneti selezionati. Si tratta di vecchi vigneti esposti al sole che permettono un appassimento molto lungo. I grappoli vengono poi stesi sulle tradizionali arèle (graticci un tempo costruiti con canne, oggi reti metalliche molto fitte) e posti in soffitte arieggiate per un appassimento lungo anche 6 mesi accompagnato dall’Ora, la brezza del Garda che garantisce la ventilazione ideale fino alla Settimana Santa, periodo che dà il nome a questo particolare vino. Dopo la spremitura inizia la fermentazione naturale del mosto in piccole botti di rovere, che si protrae per 6-8 anni almeno. Una volta imbottigliato, il vin santo ha davanti a sé una vita molto lunga, anche di una cinquantina di anni. Un nettare prezioso, basti pensare che da 100 kg di uva fresca si ottengono soltanto 15-18 litri di mosto.

DiVinNosiola

DiVinNosiola è l’evento che celebra la Nosiola e le tradizioni vitivinicole che da questo vitigno si sono sviluppate nel tempo. Dal vino santo alle grappe, una serie di momenti dedicati al gusto, alla cultura e alle usanze del territorio accendono i riflettori su antichi mestieri e conoscenze tramandati di generazione in generazione. Quest’anno DiVinNosiola va in scena dal 31 marzo al 10 aprile con un programma di esperienze confezionato per portare alla scoperta (o alla ri-scoperta) dell’unico vitigno bianco autoctono del territorio e del vino santo. Gli appuntamenti si snodano lungo la Strada del Vino e dei Sapori del Trentino e comprendono visite alle cantine, menu a tema, approfondimenti e degustazioni.

Fonti:
VisitTrentino
GardaTrentino
Fondazione Slow Food

Ph. Mario Pedron per Glance

Le mille sfumature delle Dolomiti, Patrimonio Unesco dal 2009, con la leggenda del re Laurino a “spiegare” le origini dell’enrosadira

Tra le mete più gettonate dai turisti di tutto il mondo, il fascino delle Dolomiti è legato anche ad una particolarità: all’alba e al tramonto infatti la dolomia si tinge di rosa, con sfumature cangianti che si susseguono durante la giornata. Un fenomeno naturale che prende il nome di “enorosadira” e si lega ad una leggenda unica.

Ph. Mario Pedron per Glance

La dolomia si tinge di rosa

La dolomia di cui le Dolomiti sono composte è una roccia di carbonato di calcio e magnesio tendenzialmente bianca, che tuttavia in alcune ore del giorno cambia sfumatura, dall’arancio al rosso, dal giallo al violetto fino ad assumere una suggestiva tonalità di rosa che dona il nome a questo incredibile arcobaleno di colori caldi. Il motivo è la dolomia stessa, che produce queste sfumature magnifiche quando il sole si rifrange sulla roccia. A seconda delle condizioni meteo e della posizione del sole i colori saranno diversi, ma in ogni caso il panorama sarà memorabile da qualsiasi punto lo si ammiri. “Enrosadira” è il nome altrettanto suggestivo dato a questo fenomeno, un termine ladino che significa “diventare rosa”, indubbiamente perfetto per rendere a parole lo spettacolo catturato dallo sguardo.

La leggenda del re Laurino

All’enrosadira è difficile abituarsi, ogni volta è diversa e ogni volta costringe a fermarsi e ad ammirare le cime imponenti e maestose che, dall’alto dei loro 3 mila metri di altezza, osservano e rassicurano ogni forma di vita al di sotto di esse. Sembra incredibile, eppure una volta erano una mega-barriera corallina sorta nel mare primordiale!
Una leggenda spiega in maniera meno scientifica e più poetica il fenomeno dell’enrosadira.

Tanti anni fa sulla catena montuosa del Catinaccio viveva re Laurino, scaltro re dei nani che possedeva una cintura magica capace di renderlo invisibile. Un giorno il re dell’Adige tenne una grande festa a cui invitò tutti i nobili tranne re Laurino, che partecipò ugualmente grazie alla sua cintura. Era presente anche Similde, bellissima figlia del re, di cui si innamorò al primo sguardo. Sfruttando la sua invisibilità la rapì e la portò nel suo regno sul Catinaccio, poi con un incantesimo ricoprì per lei la montagna di rose rosse. Al sopraggiungere dell’esercito del re dell’Adige, re Laurino non riuscì a contare sulla sua invisibilità: appena calpestava una rosa di quell’incantevole giardino lasciava un’impronta. Dovette arrendersi e riconsegnare Similde, lanciando però una maledizione al suo giardino di rose: “Né di giorno, né di notte alcun occhio umano potrà più ammirarti”. E così fu. Ma alba e tramonto non sono né giorno né notte, ecco perché ancora oggi in queste ore possiamo ammirare il giardino di rose rosse che colora le cime delle Dolomiti.

Ph. Mario Pedron per Glance

Dove ammirare l’enrosadira

Sono tanti i luoghi da cui l’enrosadira può essere ammirata al massimo del suo splendore.
Al tramonto vi consigliamo di allungare lo sguardo verso il Sassolungo sull’Alpe di Siusi o sul Sass Pordoi da Campitello di Fassa, o verso le Pale di San Martino avvistabili da San Martino di Castrozza, immersi nel Parco Naturale Paneveggio-Pale San Martino. Meravigliose al tramonto anche le Tre Cime di Lavaredo, mentre da Vigo di Fassa potete scorgere, tinta di rosa, la Marmolada.